Le Maschere regionali del Carnevale – PARTE 3 Sud Italia

Le Maschere di Carnevale del Sud Italia: storia e folklore

Maschere di Carnevale del Sud Italia: Frappiglia, Rumit, Giangurgolo, Pulcinella e molte altre figure storiche e della Commedia dell’Arte

 

Maschere di Carnevale del Sud Italia: Frappiglia, Rumit, Giangurgolo, Pulcinella e molte altre figure storiche e della Commedia dell'Arte

 

 

Le Maschere regionali del Carnevale in Italia. Vediamo le più famose/conosciute del Sud Italia

Il Carnevale è una delle celebrazioni più antiche e amate nel nostro Paese, un periodo di festa caratterizzato da sfilate, carri allegorici, costumi sgargianti e dolci tradizionali. Le sue radici affondano nelle antiche festività pagane, come i Saturnali romani, durante i quali le rigide gerarchie sociali venivano temporaneamente sovvertite per lasciare spazio a un’atmosfera di spensierata libertà. Con il tempo, il Carnevale si è trasformato, integrandosi con la tradizione cristiana e diventando il momento di gioia che precede la Quaresima.

Uno degli elementi più caratteristici di questa festa è la presenza di maschere tradizionali, ciascuna legata alla cultura e alla storia della propria regione. Scopriamo insieme alcune delle più iconiche e rappresentative del Carnevale italiano nel Sud Italia.

 

Feste di Carnevale in Italia

 

Abruzzo: Frappiglia

Frappiglia è una maschera della tradizione popolare abruzzese, legata al mondo rurale. Si tratta di un contadino il cui elemento distintivo è un bastone, spesso associato a Sant’Antonio Abate, simbolo di protezione e scacciaguai.

Secondo la leggenda, Frappiglia, spinto dalla fame, stringe un patto con il diavolo, cedendogli la sua anima in cambio di un piatto di pasta. Tuttavia, grazie alla sua furbizia, riesce a ingannare il maligno. Prima di morire, infatti, pretende di redigere il proprio testamento davanti a un notaio, alla presenza di rappresentanti sia dell’inferno che del paradiso. Con un’abile mossa, dichiara sé stesso erede della propria vita, costringendo così il notaio a sancire il suo ritorno tra i vivi.

Frappiglia riesce a sfuggire al diavolo, ma porta con sé i segni della sua esperienza nell’aldilà. Il suo abbigliamento riflette il viaggio compiuto: una camicia bianca, simbolo del paradiso, e un vestito grigio sfrangiato con lingue di fuoco, evocazione dell’inferno. Sul volto, una voglia dalla forma particolare che ricorda una maschera. Questa figura incarna lo spirito tenace e arguto del popolo abruzzese, capace di affrontare le difficoltà con ingegno e ironia, senza mai perdere il senso dell’umorismo.

Basilicata: Rumit

Il Rumit di Satriano è una maschera ancestrale, simbolo del legame tra uomo e natura, che affonda le sue radici nelle tradizioni rurali e nei riti propiziatori della Basilicata. Gli uomini che lo impersonano si coprono interamente di foglie di edera, creando un costume che li rende simili a figure vegetali ambulanti. Questo travestimento richiama il mito dell’uomo selvatico, una figura simbolica presente in molte culture europee, che incarna lo spirito della foresta e la fusione tra umano e natura.

Durante il Carnevale di Satriano, l’ultima domenica prima del martedì grasso, il Rumit si muove tra le strade del paese strusciando il fruscio (un bastone con all’apice un ramo di pungitopo) sulle porte delle case come segno di buon auspicio e rinnovamento.

Prima della seconda guerra mondiale il Rumit era uno spirito francescano, un eremita, una persona che viveva ai confini del paese e che dopo un inverno rigido si recava nella cittadina a fare la carità. Successivamente, il Rumit fu associato al satrianese che non aveva lasciato la Basilicata (per mancanza di voglia o possibilità) e quindi aveva deciso di abbandonare la possibilità di provare a fare una vita migliore. Per questo motivo rimase in una situazione di assoluta povertà che lo portava a girare per le strade del paese alla ricerca di qualcosa da mangiare, vestito di edera per rimanere anonimo e non farsi cosìm riconoscere. Il Rumit è considerato un messaggero della natura e negli ultimi anni i giovani satrianesi vedono in lui la figura che può ristabilire un rapporto antico con la Terra per rispettare gli uomini e le donne che la abiteranno in futuro.

Calabria: Giangurgolo

Giangurgolo è la maschera calabrese per eccellenza, nata nel XVII secolo e tipica della Commedia dell’Arte. Il personaggio incarna un soldato fanfarone e sbruffone, che si vanta continuamente delle sue presunte imprese eroiche, pur essendo in realtà un codardo e un opportunista. La maschera si diffuse in Calabria nel periodo della dominazione spagnola, come satira degli ufficiali iberici e della loro arroganza.

Il costume di Giangurgolo è vistoso e appariscente: indossa alto cappello a cono, corpetto e inconfondibili pantaloni a sbuffo a strisce gialle e rosse, elementi che accentuano il suo carattere teatrale. Spesso porta una spada, che usa più per farsi vedere che per combattere realmente. Il suo linguaggio è pomposo, ricco di termini altisonanti e manierismi esagerati, con cui cerca di impressionare gli altri, ma che finiscono per metterlo in ridicolo. Persona spavalda racconta talmente tante bugie che finisce per crederci lui stesso.

Giangurgolo rappresenta la parodia del potere e dell’ostentazione, prendendo in giro la vanità e l’ipocrisia dei dominatori dell’epoca (aragonesi e spagnoli). Ancora oggi, la sua figura è celebrata nelle rievocazioni carnevalesche calabresi, mantenendo viva la tradizione della satira e dell’ironia popolare.

Campania: Pulcinella

Pulcinella è una delle maschere più famose d’Italia, simbolo di Napoli e della Commedia dell’Arte. La sua figura ha origini antichissime, risalenti almeno al XVI secolo, e si ispira probabilmente ai personaggi del teatro popolare meridionale. È un personaggio imprevedibile: pigro, vorace, costantemente affamato, opportunista, sfrontato, chiacchierone, bastonatore e spesso egli stesso bastonato.

Indossa un abito bianco largo, spesso accompagnato da spatola attaccata alla cintura e un cappello di pan di zucchero a punta. La sua maschera è nera e presenta un naso adunco che sottolinea il suo aspetto caricaturale e buffonesco. Il suo modo di parlare è caratterizzato da una voce stridula e spesso storpia le parole, rendendo il suo linguaggio ancora più grottesco e comico.

 

Maschere di Carnevale del Sud Italia: Frappiglia, Rumit, Giangurgolo, Pulcinella e molte altre figure storiche e della Commedia dell'Arte

 

Pulcinella è il simbolo della Napoli verace, un personaggio che rappresenta la capacità di adattarsi alle avversità con ingegno e leggerezza. Nelle rappresentazioni teatrali e nei racconti popolari, Pulcinella si prende gioco dei potenti, dei ricchi e degli arroganti, incarnando la ribellione contro le ingiustizie sociali attraverso l’ironia e la satira. Ancora oggi, la sua figura è protagonista di spettacoli, sfilate di Carnevale e rappresentazioni artistiche, mantenendo viva una tradizione secolare legata alla cultura napoletana.

Molise: il Diavolo di Tufara

Il Diavolo di Tufara è una delle maschere più suggestive del Molise, legata a riti arcaici che simboleggiano la lotta tra il bene e il male e il passaggio tra le stagioni. Questa tradizione affonda le sue radici nel Medioevo e si svolge ogni anno nel piccolo borgo di Tufara durante il Carnevale. Il Diavolo indossa sette pelli di capro che, secondo i riti pagani, era l’animale in cui era solita manifestarsi la divinità. Impugna un tridente e ha un volto diabolico. Tutto ciò crea così un’atmosfera suggestiva e carica di significati simbolici.

La processione del Diavolo per le strade del paese è accompagnata da altre figure allegoriche come la morte, personificata da figure vestite di bianco con il volto sporco di farina che rappresentano la purificazione del seme che muore per dar vita alla pianta e al raccolto e proprio per questo motivo queste figure sono armate di falce. Vi sono poi i folletti che trattengono il diavolo con delle catene e lo trascinano per le vie del paese cercando di tenerlo a bada. Con la sua foga però, lui continua comunque a divincolarsi saltando, buttandosi e rotolando sul pavimento.

Il Diavolo viene infine processato da una giuria e, nonostante la bizzarra difesa dei genitori, viene comunque condannato e gettato dall’alto del castello. Muore il male ma non la speranza: la madre ha già pronto infatti un altro neonato permetterà il perpetuarsi del rito.

Il Carnevale di Tufara un evento unico che unisce il folklore, la spiritualità e la cultura locale in una celebrazione di forte impatto visivo e comunitario.

Puglia: Farinella

Farinella è la maschera ufficiale del Carnevale di Putignano, una delle celebrazioni più antiche e longeve d’Italia, le cui origini risalgono al Medioevo. Il suo nome deriva da una pietanza a base di farina di ceci e orzo, un alimento semplice e nutriente tipico della tradizione contadina pugliese.

Il costume di Farinella richiama quello di Arlecchino ed è caratterizzato da un abito a toppe dai colori sgargianti e vivaci, un gonnellino rosso e blu e un copricapo a tre punte, un chiaro richiamo alla simbologia medievale legata alla giullaria e alla satira. Tutto ciò simboleggia la spensieratezza, l’ironia e lo spirito giocoso del Carnevale pugliese.

In passato era considerato come il paciere tra gatto e cane e quindi portatore di armonia per mezzo del canto e di un ballo sfrenato. Il personaggio ha un carattere allegro e burlesco, con occhi beffardi e un sorriso ironico, tutti aspetti che caratterizzano i pugliesi: provocatori e sarcastici, innamorati della vita.

La sua figura esprime l’essenza della festa: un momento di allegria e irriverenza in cui la comunità si riunisce per celebrare la propria identità culturale e folkloristica. Ancora oggi, la sua presenza nelle celebrazioni mantiene viva una tradizione secolare, confermando Putignano come uno dei centri più importanti del Carnevale italiano.

Sardegna: Mamuthones e Issohadores

Il Carnevale sardo ha maschere uniche e suggestive, legate a tradizioni arcaiche e riti propiziatori, che si tramandano da generazioni. I Mamuthones, tipici di Mamoiada, sono figure misteriose e affascinanti: indossano pelli di pecora nera, abbigliamento in velluto, un cappello, un fazzoletto da donna in tibet che avvolge il viso e maschere nere di legno con espressioni severe. Il tutto è ornato di pesanti campanacci. La loro lenta e solenne processione, scandita da passi cadenzati e ritmici, ricorda antichi riti agrari e scaramantici legati alla protezione del bestiame e alla fertilità della terra.

Gli Issohadores, che accompagnano i Mamuthones, si distinguono per i loro abiti rossi e bianchi e per il caratteristico copricapo. Indossano quindi un corpetto rosso, la camicia bianca, i calzoni bianchi di stoffa e le calze nere di orbace. Sul capo portano un fazzoletto colorato a cingere il viso. Il loro ruolo è quello di “catturare” gli spettatori con una fune, un gesto simbolico che rappresenta il controllo del destino e la protezione della comunità. La loro abilità nel lanciare e maneggiare la fune è frutto di una lunga tradizione e viene tramandata con orgoglio di generazione in generazione.

Questi riti, ancora oggi, vengono rappresentati con grande coinvolgimento durante le festività per mantenere viva la cultura e la storia della Sardegna. La loro origine è avvolta nel mistero, ma si ritiene che possano risalire a rituali nuragici legati al ciclo della vita e della morte, enfatizzando il profondo rapporto tra l’uomo e la natura, tra il sacro e il profano. La partecipazione popolare a questi eventi testimonia la forte identità culturale dell’isola e l’importanza di preservare queste tradizioni nel tempo.

Sicilia: Peppe Nappa

Peppe Nappa è la maschera siciliana più famosa, appartenente alla tradizione della Commedia dell’Arte e del Carnevale di Sciacca, uno dei più antichi d’Italia. Il suo nome deriva probabilmente dal termine dialettale “nappa”, che significa brandello o pezzo di stoffa, in riferimento al suo abito trasandato e dimesso, tipico del servitore di bassa condizione sociale. L’abbigliamento è rappresentato da un abito largo di colore azzurro, con sulla testa un berretto di feltro bianco su una calotta bianca.

 

Frappiglia

 

Questa maschera rappresenta un servo pigro, svogliato e sempre affamato, che preferisce mangiare e bere piuttosto che lavorare. Nonostante la sua indolenza, è un personaggio scaltro e astuto, capace di cavarsela nelle situazioni più difficili con ironia e stratagemmi ingegnosi. Simboleggia la saggezza popolare che, attraverso la furbizia e il gioco di parole, riesce a sopravvivere anche nelle avversità.

Con questo approfondimento sulle maschere di Carnevale del Sud Italia si conclude il viaggio tra le bellezze e tipicità del nostro Paese anche a Carnevale!

 

Autore: Eleonora Dorigo

 

 

Leave a Comment

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.