Una scultrice tedesca e una pittrice iraniana si incontrano per affermare come il linguaggio dell’arte serva a difendere il valore della vita e proporre alternative alla sua distruzione.Un tema di scottante attualità.
LEILA VISMEH | JANINE VON THÜNGEN A Mother for Earth
Dal 5 maggio la galleria Maja Arte Contemporanea di Roma propone una mostra che mette a confronto le sculture dell’artista tedesca Janine von Thüngen (1964 Monaco di Baviera) e i dipinti dell’artista iraniana Leila Vismeh (1979 Arak).
Il titolo della mostra, A Mother for Earth, richiama quasi un grido d’allarme e un appello alla difesa della natura e dell’uomo che occupano la nostra terra.
La mostra, tuttavia, nasce ancor prima dei drammatici eventi tutt’ora in corso in Ucraina; tuttavia, l’attualità aggiunge – o forse fa semplicemente emergere – un senso altro, una nuova intenzione: la rappresentazione della negazione della Guerra.
La ricca morbida sinuosità dei corpi femminili nudi modellati da von Thüngen o le Maternità dipinte con generosità cromatica dalla Vismeh, sono un forte invito alla difesa della vita e mostrano la capacità del linguaggio artistico a proporre alternative alla negazione e ai drammi che questa vita sconvolgono.
Molto efficace è la presentazione dell’opera di von Thüngen nel testo di presentazione di Isabella Ducrot quando scrive:
“[…] occupano lo spazio come dei punti interrogativi, che con ostinazione stanno a sollecitare risposte, e anche a voler rischiare che esse non siano rassicuranti. […] Appare così lampante e anche accattivante che in ognuna di queste statue, di piccole o grandi dimensioni, convivono caratteri opposti, sono femmine spavalde, creature ormai liberate, prive di allusioni a divinità edeniche, per niente sacrali, simili piuttosto a certe ragazzone sfrontate e indifferenti che negli autobus affollati delle estati cittadine ne ingombrano lo spazio compresso con i loro volumi statuari che gli abiti leggeri riescono a mala pena a contenere. Pur esibendo attitudini sicure e determinate a queste donne immaginate dall’artista manca la testa. Non sembra che abbiano perso la testa, ma che non l’abbiano mai avuta.”
Sui lavori di Vismeh osserva invece Margareth Dorigatti:
“Quando costruisce attentamente la figura anatomica femminile, sola, oppure con una creatura umana tra le braccia, Leila Vismeh dichiara la sua visione analitica, la quale, con gesto veloce e sicuro lascia entrare l’emozione che cancella e diventa censura. Il gesto creativo della cancellazione unisce nell’atto in cui divide e diventa nuova armonia.”