Una mostra che vuole evidenziare gli stereotipi legati alla presenza e condizione di figure di origine africana nell’arte per rimettere al centro la figura umana.
LA VOCE DELLE OMBRE Presenze africane nell’arte dell’Italia settentrionale (XVI – XIX secolo)
Il Museo delle Culture/MUDEC di Milano è un centro dedicato alla ricerca interdisciplinare sulle culture del mondo, dove a partire dalle collezioni etnografiche e in collaborazione con le nostre comunità, si intende costruire un luogo di dialogo attorno ai temi della contemporaneità attraverso le arti visive, performative e sonore, il design e il costume.
Dal 13 maggio il MUDEC presenta LA VOCE DELLE OMBRE. Presenze africane nell’arte dell’Italia settentrionale (XVI – XIX secolo) una delle prime in Italia dedicata alla rappresentazione di uomini e donne originari del continente africano e più in generale sullo schiavismo nel nord Italia fra il XVI e il XIX secolo.
Attraverso l’esposizione di opere come dipinti e sculture, ma anche testimonianze documentarie, provenienti da importanti istituzioni pubbliche e private, la mostra rappresenta un tentativo di individuare le modalità di raffigurazione dell’altro, svelando canoni e cliché e vuole essere uno stimolo per indagare il fenomeno dello schiavismo e capire quale fosse l’identità di queste persone.
La mostra è suddivisa in sezioni tematiche.
La prima, Ombre senza voce, ci presenta servitori all’ombra dei loro signori, a partire da Ritratto di Laura Dianti con giovane servitore di Tiziano, fino a Ritratto del Conte Manara con il suo servitore etiope del “Piccio” (1842), usata come immagine guida della mostra.
La seconda, Leggenda e tradizione, documenta come persone di origine africana fossero inserite in dipinti raffiguranti episodi religiosi o leggendari.
La terza, In carne e ossa, espone opere in cui protagonista è il corpo nero.
La mostra si chiude con la serie di dittici fotografici Echi e Accordi di Theophilus Imani, ricercatore visivo italiano di origine ghanese.
L’artista accosta dettagli di opere classiche a immagini contemporanee di afrodiscendenti, fornendo grazie al contrasto una diversa prospettiva sulle immagini storiche.
Il suo lavoro, assieme a quello sulle fonti dei ricercatori i cui contributi sono raccolti nel catalogo della mostra, evidenzia gli stereotipi rimettendo al centro le persone.