JOBS

“Ho sempre detto che se fosse mai arrivato il giorno in cui io non fossi stato più in grado di rispettare i miei obblighi e le aspettative come CEO di Apple, sarei stato il primo a farvelo sapere. Sfortunatamente quel giorno è arrivato.” Con queste parole, il 24 agosto scorso, Steve Jobs si dimetteva da CEO di Apple. Un doloroso, benché previsto, addio che ha anticipato di poco più di un mese la scomparsa di una delle figure chiave del nostro tempo. Come spiegare l’importanza della figura, dell’uomo Steve Jobs ad un adolescente di oggi che lo considera solo un furbo la cui unica invenzione tecnologica sarebbe l’iPhone? Come spiegare a chi ha meno di trent’anni che la nostra vita, sì anche la sua vita, è diversa (different) grazie a Steve Jobs? Si potrebbe incominciare analizzando l’imprenditore/innovatore Steve Jobs. E’ uno dei tanti smanettoni degli anni ’70, quando per computer si intendeva una scheda con dei circuiti elettrici. Con l’amico Steve Wozniack costruisce il primo computer AppleI nel garage di casa, recuperando in qualche modo i 10mila dollari necessari a produrre i pochi esemplari da vendere e fondare la società: siamo nel 1976.

Nel 1977 la società Apple produce AppleII, il primo computer per il mercato consumer. Piccola parentesi: IBM, che non aveva mai creduto in un mercato non business per i computer, correrà ai ripari entrando nel mercato di consumo con un prodotto dal nome geniale, Personal Computer – PC, appunto – i cui cloni invaderanno il mercato. Apple, apripista, fu presto relegata ai margini del mercato. Comunque AppleII, grazie anche all’applicazione VisiCalc (progenitrice degli attuali fogli di calcolo), divenne un successo incredibile. Talmente grande da bloccare Apple, nel frattempo quotata in borsa, proprio sulla strada dell’innovazione. E’ qui che torna in gioco Steve Jobs, innamoratosi di quanto visto al PARC, il centro sviluppo di Xerox: lì Jobs aveva visto il futuro, che gli altri – sembra incredibile a dirsi oggi – non aveva nemmeno intuito. Mette in piedi un team per il nuovo prodotto: l’azienda non ne vuole sapere perché punta tutto sullo sviluppo di AppleII, e Jobs vive da separato in casa. Il suo team è staccato dal resto dell’azienda e sul suo edificio sventola la bandiera dei pirati (da cui poi la sua famosa frase: “è più divertente essere dei pirati che arruolarsi in marina”). Il risultato è il Macintosh. Il futuro che Steve Jobs aveva visto al PARC era ora alla portata di tutti: interfaccia grafica e mouse! Eh sì, caro ventenne incredulo, fino ad allora negli schermi dei computer c’erano solo righe di testo e si usava solo la tastiera. E’ il 1984: nel 1985 uscirà l’interfaccia grafica di Microsoft (Microsoft Windows) ma chi ha cambiato la realtà è stato ancora lui, Steve Jobs. Poi viene estromesso da Apple e fonda un’altra azienda: NeXT. Produce un computer costosissimo (il Cube) ma con un sistema operativo all’avanguardia (Nextstep). E’ un flop commerciale, ma Tim Berners-Lee, che da anni studiava ad un programma per la condivisione dati, nel 1989 propone un progetto globale sull’ipertesto, poi noto come World Wide Web: e il computer usato come primo server Web è, appunto, un NeXT cube. Nel frattempo Steve Jobs acquista da George Lucas una minuscola casa di computer graphics, per 10 milioni di dollari. E’ la Pixar, che dieci anni dopo rivende alla Disney per circa 7 miliardi. Comunque a fine anni ’90, Apple è in crisi e decide di acquistare NeXT: Steve Jobs torna a casa. Rivoluziona le strategie di mercato, mette Nextstep alla base del nuovo sistema operativo e… colora i computer. Nasce iMac e da qui è storia dei giorni nostri. La i (di internet) diventa un marchio di fabbrica e tutto d’ora in poi ruota attorno al Digital Lifestyle, dall’iPod all’iPhone all’iPad ad iCloud.

Ma Steve Jobs è molto più di questo (se proprio questo non bastasse), ed allora potremmo analizzare lo Steve Jobs comunicatore. Naturalmente anche qui, come nelle innovazioni tecniche, ci sono parecchie altre persone che affiancano Jobs, ma lui è sempre il catalizzatore delle idee e delle esperienze del suo team. Per esempio il logo Apple, una mela, che poi diventa una mela colorata e alla fine qualcuno ci dà un morso (a byte…). Poi alcune cosucce in campo pubblicitario. Lo spot del Macintosh, il famoso “1984” diretto da Ridley Scott (sì, sì, quello di “Blade runner”), bocciato dal board di Apple ma alla fine andato in onda ugualmente per non perdere i soldi anticipati (!) e ora tra le pietre miliari del settore. La campagna pubblicitaria “Think different”, con decine di personaggi famosi (per la loro diversità) come testimonial. La scelta colorata di fine anni 90 e poi quella minimalista degli anni a venire, dove il design si sposa con l’eleganza diventando un vero e proprio stile. Ma le doti comunicative di Steve Jobs si vedono da molti altri particolari. L’ormai famoso discorso all’Università di Stanford nel 2005, chiuso con quello che probabilmente è stato il suo motto personale: “stay hungry, stay foolish!” Ma anche da come ha chiuso alcuni tra i più famosi Keynote: dopo aver presentato i dati fiscali dell’azienda e parlato degli sviluppi dei prodotti, saluta il pubblico. Poi, temporeggia un attimo e dice: “one more thing…” (un’ultima cosa…) e presenta iMac (o iPod, o iPhone…)! Fenomenale: ogni Conference Apple vive nell’attesa dell’ultima rivelazione.

Infine si potrebbe, anzi si dovrebbe, analizzare Steve Paul Jobs. Dato in affido da piccolo dai veri genitori, è un vulcanico giovane studente californiano cui stanno strette le convenzioni. Da questo punto di vista, essere giovani negli anni settanta offriva anche delle belle opportunità, bisogna dirlo! A due passi dalla Silicon Valley e dalla San Franciso dei figli dei fiori (Steve non ha mai rinnegato le sue esperienze – anche psichedeliche – di quegli anni) diventa con gli anni buddhista e salutista, con un suo karma fatto di succhi di frutta e serenità. Senza dimenticare i rapporti con i dipendenti, entrati ormai nella leggenda: c’è chi parla di un mostro che spreme i dipendenti, chi di un semplice capo perfezionista che tanto dà e tanto esige, chi di un precursore della filosofia del posto di lavoro dove uno deve trovarsi a proprio agio. Probabilmente c’è del vero in tutte le versioni. Si sa di dipendenti licenziati a freddo (pochi, comunque), come di grandi sfuriate e di orari impossibili imposti per rispettare delle scadenze. Ma ci sono anche aneddoti diversi. Forse il più bello è quello di un cliente che, recatosi in un Apple Store con un problema, rimane talmente soddisfatto di come l’impiegato gli spiega e gli risolve il problema che manda una mail di complimenti direttamente in Apple (e che arriva a Steve Jobs). Ebbene, Steve manda una mail personale al giovane impiegato con scritto “ottimo lavoro!”. Beh, non sono molti i dirigenti d’azienda a trovare il tempo e a saper gratificare così un dipendente, praticamente l’ultimo delle migliaia di dipendenti. Anche in questo Steve Jobs è “differente”.

Ne ho parlato al presente e non al passato, perché Steve Jobs ha sempre vissuto il presente pensando al futuro: e in questo modo, guardando al futuro, credo sia giusto ricordarlo.

Un’ultima cosa… grazie Steve.

 

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