Una mostra che ricorda le condizion degli immigrati cinesi stabilitisi in canada alla metà dell’Ottocento per i lavori pesanti nelle mniere e nella ferrovia transcontinentale.
Gu Xiong: The Remains Of A Journey
Centre A di Vancouver presenta una mostra dell’artista di origini cinesi Gu Xiong .
La mostrra è composta da un corpo di opere multimediali di Xiong, alle quali si affiancano materiali d’archivio provenienti dagli archivi dello Stato British Columbia e dagli archivi della città di Vancouver.
Nato in Cina nel 1953 Gu Xiong è stato il primo cittadino cinese a frequentare una residenza artistica presso il Banff Centre for the Arts in Alberta Canada.
Nel 1989, a seguito dei fatti di Piazza Tienanmen, Xiong emigra in Canada e si stabilisce a Vancouver dove acquista in seguito la cittadinanza canadese.
Gu Xiong lavora con pittura, disegno, incisione, scultura, fotografia, video, immagini digitali, testo, performance art e installazioni.
Durante la sua carriera di artista visivo, Gu Xiong ha attinto sia alla sua esperienza di vita di immigrato che al suo coinvolgimento attivo con le comunità di migranti in tutto il mondo.
Le sue opere sono state esposte a livello globale e riconosciute per aver trasformato e approfondito la comprensione dell’esperienza dei migranti, in termini di casa, geografia, globalizzazione e lavoro.
Rilevante è quindi il suo contributo nel far rivivere realtà legate alla vicenda storica che nel XIX secolo vide una numerosa comunità di cinesi stabilirsi lungo la costa della Columbia Britannica per lavorare le miniere d’oro e di carbone e per costruire la ferrovia transcontinentale che avrebbe costituito la spina dorsale del Canada.
Di quella realtà è rimasto poco ma tre siti storici in British Columbia che sopportano le lotte indicibili degli immigrati cinesi sono al centro della mostra di Xiong.
La memoria dei tre siti assume la forma di un’installazione immersiva che rianima queste prime esperienze di immigrati cinesi durante un’era di politiche di esclusione. La mostra crea un misterioso parallelo al sentimento anti-cinese presente durante l’attuale pandemia di coronavirus.