Con la macchina fotografica la coppia Gioberto Noro ha colto quella che per loro è l’essenza dell’Annunciazione di Beato Angelico al Convento san Marco di Firenze, la luce.
GIOBERTO NORO Sulla Fotografia (analogie e figure del dissimile)
Aperta nel 1989 da Alberto Peola, la galleria è diventata nel 2020 Peola Simondi, con l’ingresso in società di Francesca Simondi.
La galleria segue il lavoro di artisti italiani e stranieri contemporanei, emergenti e già affermati.
È particolarmente attenta alle nuove tendenze che trovano personali soluzioni narrative nell’impiego dei diversi mezzi espressivi, dalla fotografia alla pittura ai video alle installazioni.
Dal 29 ottobre la galleria ospita la mostra della coppia Gioberto Noro, con la mostra Sulla Fotografia (analogie e figure del dissimile).
Il nome d’arte, Gioberto Noro, nasce dall’unione dei cognomi degli artisti Marilena Noro (1961) e Sergio Gioberto (1952), coppia di artisti torinesi nel lavoro e nella vita.
Pieno e vuoto, ombra e luce, caos e ordine sono categorie imprescindibili nella dialettica artistica di Gioberto Noro.
E non potrebbe essere altrimenti, quando a muovere l’azione della coppia di artisti torinesi, spinti da un impulso cognitivo nella realizzazione della loro opera, è da sempre la volontà di conoscere il reale passando attraverso il superamento intellettivo del mezzo fotografico.
Questo, da semplice macchina, diventa strumento d’indagine del mondo e, quindi, del Sé: è qui che l’“io diviso” si ricongiunge in un tutt’uno cosmico, poi visibile nell’immagine ritratta.
L’indagine poetica di Gioberto Noro, si basa su un attento esame della struttura della materia e, più specificamente, sulla struttura della luce.
Per la mostra di Torino i due artisti sono andati in uno dei luoghi più sacri e riservati della pittura, il Convento di San Marco di Firenze, affrescato dal Beato Angelico non per il pubblico, cui l’accesso era precluso, ma solo per i suoi occhi e quelli dei monaci.
Hanno scelto il luogo più intenso e raccolto, la cella III, dove si manifesta l’Annunciazione più essenziale e rivoluzionaria dell’epoca dove l’Angelo e la Vergine condividono per la prima volta lo stesso spazio mentre un caldo chiarore illumina il muro del loggiato che li racchiude.
In questa cella essi hanno scelto un dettaglio, un quadrato per la precisione che, per loro, contiene il vero protagonista dell’affresco: non Gabriele, non Maria, ma la luce.
Essi hanno colto una linea dell’orizzonte metafisica che segna il confine tra cielo e terra.