La mostra di Franca Faccin si configura come un sogno naif, in cui la ricerca di equilibri strutturali e formali, nonché coloristici prelude a significati impercettibili.
FRANCA FACCIN GIALLO BLU VERDE ROSSO L’altalena dei giri di freni
Dal 21 agosto al 25 settembre 2022 la Fondazione Bevilacqua La Masa ospita presso la Galleria di Piazza San Marco la mostra personale dell’artista Franca Faccin dal titolo Giallo blu verde rosso. L’altalena dei giri di freni, a cura di Luisa Turchi con la collaborazione di Paolo Rosso.
Originaria di Vicenza, Franca Faccin è nata nel 1948 e attualmente vive e lavora a Oderzo, città romana in provincia di Treviso.
Oggi è nota soprattutto per il sintetismo iconico delle sue biciclette, divenute assoluto portabandiera di libertà come condizione primaria dell’esistere, almeno in quello stadio che è proprio del viaggio dell’immaginazione, esperibile da ognuno di noi.
È verso la fine degli anni 80 che compare la famosa Bicicletta, che grazie alle diverse interpretazioni e sperimentazioni sempre nuove, diviene elemento presente e costante nella sua pittura.
Il suo percorso si fa man mano sempre più scarno ed essenziale distaccato ormai dal figurativo.
Nel 1999 pubblica La bicicletta e il mare, un libretto scritto e illustrato per le scuole elementari che è stato incluso nella collezione Artist Books presso il National Museum of Women di Washington.
A questo libro si ispirano le sessanta opere in mostra alla Bevilacqua La Masa, a quella frase contenuta nel libro: C’era una volta una bicicletta tutta a spicchi colorata che correva in riva al mare.
E’ una mostra simbolica dove, per Franca Faccin, la bicicletta siamo noi, nella nostra completezza umana e spirituale, un tutt’uno con le nostre pulsioni interiori, generate anche dall’incontro con l’altro sulla nostra strada.
Consentendo a noi stessi una scelta non puramente meccanica o fatta di automatismi, – l’uomo non è una macchina – tra spirito, ragione e sentimento, siamo condotti con il pensiero verso mondi altri, ad esplorare universi, senza paura, ma alla fine sentiamo comunque il bisogno del ritorno in noi stessi, di risalire sulla nostra bicicletta, di riprendere possesso del nostro corpo temporaneamente scisso dalle nostre facoltà mentali e spirituali.