Domenico Gnoli ma ha saputo ritagliarsi un proprio spazio nell’arte del secondo Novecento, con la sua pittura raffinata rivolta a restituire elementi comuni e, a volte banali, che ci circondano.
DOMENICO GNOLI
Da vent’anni la Fondazione Prada si interroga su quali siano gli intenti e la rilevanza dell’impegno culturale oggi, con una serie di progetti in continua evoluzione.
Ci sono state commissioni “utopiche” a singoli artisti, conferenze di filosofia contemporanea, mostre di ricerca e iniziative in campo cinematografico.
Nella sede permanente a Milano, la Fondazione propone una grande mostra dedicata a Domenico Gnoli.
Nato a Roma nel 1933 e morto a New York nel 1970, Gnoli è stato pittore, illustratore e scenografo che, pur nella brevità della sua vita, dal 1965 è passato da una pittura astratta ad una pittura che egli stesso definiva “comprensibile”.
Il progetto espositivo alla Fondazione Prada era stato pensato e ideato dal critico Germano Celant, il teorico dell’Arte Povera, nel frattempo deceduto.
Celant vedeva nella ricerca artistica di Gnoli una tensione ad abolire il contesto per concentrarsi sul particolare di un corpo umano o di un oggetto, sottolineandone la potenziale sensualità e carica energetica.
La pittura precisa e materica di Gnoli valorizza le superfici, i colori e i materiali propri di elementi organici e inanimati ed è caratterizzata anche da un rigoroso taglio fotografico.
La mostra si presenta come una retrospettiva che riunisce più di 100 opere realizzate da Domenico Gnoli dal 1949 al 1969 e altrettanti disegni.
Una sezione cronologica e documentaria con materiali storici, fotografie e altre testimonianze contribuisce a ricostruire il percorso biografico e artistico di Gnoli a più di cinquant’anni dalla sua scomparsa.
L’obiettivo della mostra è esplorare la pratica di Gnoli e leggere la sua attività come un discorso unitario e libero da etichette, documentando connessioni con la scena culturale internazionale del suo tempo e suggerendo risonanze con la ricerca visiva contemporanea.