Brian Belott combina e compone oggetti realizzando opere che danno loro nuova vita, come un novello dadaista, anche se il lavoro di Duchamp a lui non piace.
BRIAN BELOTT | The Reassembler
Cellar Contemporary è un progetto di Davide Raffaelli in collaborazione con Camilla Nacci, che propone una visione contemporanea attraverso la promozione di giovani artisti.
A uno spazio espositivo sito nello storico quartiere di San Martino si affianca uno spazio online, che ripensa e trasforma il concetto di galleria d’arte attraverso la coesistenza della dimensione fisica e di quella virtuale.
Dal 30 settembre la galleria ospita una mostra personale dell’artista americano Brian Belott.
Nato a East Orange, New Jersey nel 1973, Brian Belott usa i più svariati media nel suo lavoro, un lavoro in costante flusso, guidato da una curiosità incessante, che è consapevole della storia dell’arte ma opera senza l’ansia della sua influenza.
Il suo studio è come un laboratorio di chimica creativa, dove studia gli effetti estetici della combinazione di vari materiali, quasi fino all’assurdo.
Con questi esperimenti resuscita i manierismi del Modernismo e libera la sua immaginazione mentre rinuncia intenzionalmente al controllo, rinunciando alle trappole dell’ortodossia.
Combinazione, riconfigurazione, confusione: ognuna di queste caratteristiche gioca un ruolo vitale, perché Belott è un grande assemblatore di cose. (“Tutto ruota attorno alla fusione”, ha notato nel 2017).
Ventagli e batuffoli di cotone; collezioni di libri per bambini; calcolatrici ingioiellate con pietre; gatti con orologi per occhi: Belott è un dadaista intento a rendere le cose ordinarie straordinarie, creando così un nuovo tipo di logica (del tutto illogica).
In ogni caso, la carta è il suo mezzo preferito perché registra gesti sia intenzionali che non intenzionali, che diventano una parte importante della composizione finale.
Lavori di Brian Belott fanno parte della collezione permanente del Museum of Modern Art (MoMA) e del Whitney Museum of American Art di New York.