Pavlo Makov è un artista di Charkiv le cui pratiche si sono concentrate, all’inizio degli anni Novanta del XX secolo, sull’esplorazione dei paralleli fra il corpo umano e il paesaggio urbano.
L’opera The Fountain of Exhaustion, del 1995, intendeva mostrare un simbolo paradossale della vita: un fiume sfocia in un altro, eppure entrambi si esauriscono e si prosciugano.
In realtà dal momento dell’incarico alla realizzazione del Padiglione è intervenuto il drammatico evento della Guerra e lo stesso Padiglione ha assunto un valore diverso, come evidenziato dalle pesanti parole dell’artista all’inaugurazione della mostra:
…non siamo pronti a incontrare gli artisti russi. Finché questa guerra sarà in atto, l’unico dialogo possibile con i russi è quello al fronte. Quando le loro truppe avranno lasciato il nostro Paese e i crimini di guerra saranno stati puniti, allora – forse – si potrà riprendere a parlare. Al momento la cultura russa per noi sono i missili, le bombe, i tank, la distruzione
L’opera The Fountain of Exhaustion. Acqua alta è arrivata in Italia dopo un lungo viaggio sotto le bombe e composta da settantotto imbuti disposti a piramide attraverso i quali l’acqua scende sempre più lentamente verso il basso.
L’idea era nata nel 1995, quando la sua città, Kharkiv, rimase senz’acqua per diverse settimane.
Oggi La Fontana dell’esaurimento acquista nuovi significati ed è già diventata un simbolo.
Già nei giorni di preapertura della Biennale, sai sono viste le fila nella Sala d’Armi dell’Arsenale per vedere e fotografare la piramide di 78 imbuti in cui scorre l’acqua. “Ho pensato all’opera negli anni Novanta – precisa l’artista – Doveva rappresentare l’esaurimento dei rapporti umani, della nostra relazione con la natura.
Il 24 febbraio scorso, giorno dell’invasione russa, questo esaurimento è diventato “esaurimento dell’umanità”.