Per la 59^ edizione della Biennale Arte di Venezia la Svizzera propone, nel suo Padiglione nazionale ai Giardini una mostra simile a un’esperienza orchestrata di viaggio nel tempo.
L’artista Latifa Echakhch, nata nel 1974 in Marocco, che oggi vive e lavora a Martigny, Svizzera, è stata invitata a presentare una delle sue installazioni ambientali per far riflettere sulle rigidità e sulle contraddizioni della società.
L’artista visiva, in collaborazione con compositore Alexandre Babel ha realizzato una mostra che gioca con armonie e dissonanze, con sentimenti contrastanti di attesa, appagamento e scomparsa.
Le sue sculture sono parte di un’esperienza orchestrata e avvolgente, una proposta ritmica e spaziale che permette allo spettatore di vivere una percezione più piena del tempo e del proprio corpo.
Sono resti d’arte, materiali riciclati da biennali precedenti, con cui Latifa Echakhch riempio lo spazio da dove i visitatori iniziano un percorso in senso antiorario entrando in ogni stanza del padiglione con l’atmosfera che cambia
Sculture effimere ispirate alla statuaria popolare emergono nell’illuminazione orchestrata in modo da catturare i ritmi composti dal percussionista Alexandre Babel. Sembra quasi di vedere la musica, creando il dubbio che l’arte, come la musica, cominci ad esistere solo quando il silenzio e il vuoto prendono il sopravvento.
L’artista attinge al vocabolario delle costruzioni effimere dei carri carnevaleschi, affrontando preoccupazioni e controversie, sogni e utopie, giocando con armonie e dissonanze, con i sentimenti contrastanti di attesa e appagamento, con la distruzione e i ricordi.