In occasione della Biennale Arte 2022, Carole A. Feuerman (1945) ritorna a Venezia in una mostra organizzata dalla Galleria veneziana Bel-Air Fine Art /Contemporary Art Galleries, che dal 2017 promuove a livello internazionale l’opera dell’artista americana tra le più attive interpreti nel movimento artistico dell’iperrealismo.

È riconosciuta, infatti, insieme a Duane Hanson e John D’Andrea, come uno dei tre maggiori scultori iperrealisti americani che hanno iniziato il movimento negli anni Settanta.

La mostra Carole A. Feuerman – My Stories, sarà aperta per tutto il tempo della Biennale arte nella chiesa della Pietà, nota anche come la Chiesa di Vivaldi, poiché lì vi operò e compose il grande Maestro.

La sede offre una visione diversa dell’opera di Feuerman proposta in genere in gallerie, musei o spazi aperti perché la chiesa permette ai lavori esposti in My stories una fruizione nuova che trae linfa dai giochi di chiaro scuro legati all’architettura sacra.

La prestigiosa sede in riva degli Schiavoni, nel percorso che da Piazza San Marco porta ai Giardini della Biennale offre inoltre una particolare visibilità all’opera dell’artista che si è fatta conoscere per il rigore delle sue sculture e una perizia tecnica che non teme rivali.

Un lavoro minuzioso che parte dalla scelta del modello, passa al primo calco in silicone procedendo a quello in gesso fino all’intervento più meticoloso attraverso l’applicazione di tutti i dettagli come le ciglia, le lentiggini le gocce d’acqua.

Tutto è perfetto nel mondo della Feuerman, ma nulla è scontato.

I suoi personaggi non sono pura decorazione ma esprimono un’interiorità che va oltre la iniziale maschera di perfetta serenità.

Nella sua ricerca artistica Feuerman parte traendo ispirazione da nuotatrici e bagnanti, sviluppando poi dei filoni tematici paralleli che ritraggono atleti, danzatori fino agli omaggi ai grandi classici della storia dell’arte.

Le sue sono tutte opere raffinatissime spesso contrassegnate dall’uso del bronzo rifinito con foglia d’oro.

Le opere esposte sono rappresentative, in modo esemplare, di cinquant’anni di scultura iperrealista raccontata attraverso la raffigurazione del corpo umano, ove è possibile leggere un particolare approccio autobiografico dell’artista stessa, che sottende una parte di sé in ciascuna opera.

Approccio dettato solo e semplicemente dalla necessità del riconoscersi come essere e come individuo per dar voce alla memoria, colta da un occhio privo di velleità interpretative teso ad una via sempre percorribile e fruibile da parte dello spettatore.

My Stories è, quindi, indifferentemente linguaggio universale, evocazione privata e collettiva.