La mostra Alberta Whittle: deep dive (pause) uncoiling memory, evento collaterale alla 59^ Biennale Arte di Venezia, è organizzata da Scotland + Venice, grande progetto internazionale volto a promuovere il meglio dell’arte e dell’architettura contemporanea scozzese sulla scena mondiale.
Fondato nel 2003, il progetto sostiene lo sviluppo di nuovi lavori, promuove connessioni e scambi internazionali e posiziona la Scozia come un luogo vivace per la produzione creativa e culturale.
Lavorando nel cinema, nella scultura, nella stampa, nella performance e nell’installazione, la produzione artistica di Alberta Whittle è spesso realizzata in risposta all’attualità e attinge alla sua ricerca sulla diaspora africana e sulla decolonizzazione delle storie occidentali.
I temi principali includono il colonialismo, la xenofobia, il cambiamento climatico e la pandemia globale, particolarmente attuali in tempi profondamente inquietanti.
Pregio del lavoro di Whittle è quello di offrire momenti straordinari di riflessione onesta, connessione profonda e speranza collettiva.
Per la mostra nelle stanze dell’ex cantiere navale, Alberta presenta nuove opere di arazzi, film e scultura, collegate da un vocabolario condiviso di motivi e idee.
Prodotta in collaborazione con una rete di artisti, coreografi e performer, che Alberta definisce suoi complici, l’installazione rivela strati di significato attraverso il collage di immagini, materiali e forme e continua la motivazione dell’artista a manifestare auto compassione e cure collettive metodi chiave nella lotta contro l’oscurità.
Si viene accolti da un grande arazzo intriso del ricco simbolismo dell’artista fatto di acqua, porte, mani, serpenti e conchiglie.
Agendo come un portale, l’artista invita a riflettere sulle nozioni di nascita e morte, trasformazione e immortalità, salute e guarigione.
Situate accanto a un ritratto dell’artista, di 7 anni, di sua madre Janice Whittle, le opere ci ricordano intimamente il significato della famiglia, della parentela e delle storie ancestrali che riecheggiano durante la presentazione.
Le immagini dell’arazzo riecheggiano in tutto il nuovo ambizioso film di Alberta Lagerah – The Last Born, un lavoro ancorato a teorie di abolizione, ribellione, conoscenza ancestrale e amore con scene che mettono a fuoco la forza delle donne nere contemporanee.
Il pubblico è accolto all’interno di strutture che dividono e contengono gli spazi, disegnando associazioni con recinti, barriere o soglie.
Qui ai visitatori dello spazio vengono offerti oggetti di comfort come coperte fatte a mano e tisane e invitati ad usare sedute su misura per riposarsi un bel po’.