Le ceramiche di Angela Maria Piga fanno riflettere sulla condizione di incertezza di un’umanità sospesa tra cambiamenti e destabilizzazioni
ANGELA MARIA PIGA. Sinèddoche

Dal 29 aprile, compatibilmente con le norme anticovid, gli spazi romani della galleria Maja Arte Contemporanea ospita la seconda mostra personale di Angel Maria Piga a tre anni dalla sua prima esposizione romana.
Scultrice di nazionalità italiana e svizzera, Angela Maria Piga nasce nel 1968 a Roma dove attualmente vive e lavora
Dopo vent’anni di esperienza di scrittrice, giornalista ed organizzatrice d’arte, durante un periodo di permanenza in Germania dal 2015 al 2017, viene a contatto con la lavorazione della terracotta e scopre la passione di sperimentarsi come scultrice.
Continua poi questa sua passione anche al ritorno in Italia al punto da diventare il suo interesse principale.
A Roma espone 25 sculture inedite accompagnate da “Sinèddoche”, una raccolta di poesie che Angela Maria Piga definisce “sonore”, dove la parola esprime un proprio ritmo coreografico mentale e musicale al contempo.
Sono pensieri che rappresentano un processo psichico e linguistico ove il tutto e la parte si sostituiscono nel rappresentarsi reciprocamente.
Nella presentazione della mostra viene citato un passaggio da “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi che evoca l’immagine di un rapporto speciale, quasi di metamorfosi, tra l’uomo e la bestia.
Questo è infatti il denominatore comune delle opere di Piga, tra animali umanizzati che lei realizza avendo il pensiero alla cultura orientale, cinese in particolare.
E’ il caso del coniglio lunare presente anche nella leggenda buddista.
Si respira un’atmosfera di incertezza, dove quell’interregno fra umanità e animalità è metaforica lente di ingrandimento sui cambiamenti e le destabilizzazioni – sociali e individuali – a cui l’uomo è costretto da una inarrestabile spinta all’adattamento, tra rivoluzioni quotidiane e epocali.
E’ uno stato che porta l’uomo ad uno stato di perenne incompiutezza, ad una sinèddoche dell’esistenza, laddove la parte esprime un tutto assente.