#59 Costantino Dardi scuola primaria a Longarone, 1964

- LUOGO: VENEZIA - UNIVERSITA’ di ARCHITETTURA IUAV

- INDIRIZZO: Mostra online permanente

Il progetto di un giovane Costantino Dardi che mostra la sua sensibilità nel creare particolari relazioni visive e fisiche dell’edificio con l’ambiente circostante.

#59 Costantino Dardi scuola primaria a Longarone, 1964

 

Fotografie della scuola 1976
Fotografie della scuola 1976

 

Mostra online permanente

PETIT TOUR è un’iniziativa dell’Archivio progetti dell’Università di Architettura (IUAV) di Venezia.

Nato nel 1987 come struttura del Dipartimento di Progettazione, l’archivio ebbe la sua prima sede presso il Masieri Memorial, palazzina affacciata sul Canal Grande, il cui restauro rappresenta l’unico intervento a Venezia del grande architetto americano Frank Lloyd Wright.

Oggi l’Archivio è inserito nel Sistema Bibliotecario e Documentale dell’Ateneo veneziano.

Nella sua attività costante di ricerca e valorizzazione l’Archivio presenta online pillole di architetti famosi, che stimolano il desiderio di approfondimento e di conoscenza, aiutano il lavoro di ricerca e concorrono ad incrementare la sensibilità dei nuovi architetti ai valori del costruire nel terzo millennio.

Si tratta di schede molto essenziali nel testo, con una adeguata documentazione fotografica e bibliografica.

La scheda n° 59 propone la mostra Costantino Dardi: scuola primaria a Longarone, 1964.

Si tratta della seconda mostra dell’Archivio Progetti dedicata alla ricostruzione di Longarone e si inserisce nella più ampia iniziativa di sensibilizzazione sull’architettura del Novecento con l’intento di contribuire alla campagna per la difesa dell’architettura contemporanea a rischio di demolizione, promossa da alcune organizzazioni culturali ed iniziative cittadine di Longarone.

La scuola primaria di Longarone, in seguito dedicata ai” Bambini del Vajont”, è stata progettata dal giovanissimo Costantino Dardi (1936-1991) e realizzata in tempi rapidi in seguito alla catastrofe del Vajont tra il 1964 e il 1966.

Caratteristica di questa scuola, costruita interamente in calcestruzzo, è quella di stabilire significative relazioni visive e fisiche con l’ambiente montano circostante allora devastato dall’impatto delle acque della diga sovrastante Longarone.

Il rapporto tra paesaggio e architettura si condensa in una configurazione dinamica e sintetica al tempo stesso.

I blocchi modulari delle aule, disposte per cicli, si distendono orizzontalmente e si aprono verso il paesaggio esterno inquadrandolo attraverso aperture che si trasformano in veri e propri cannocchiali.

L’attenzione al dettaglio, fortemente debitrice della lezione scarpiana, come nel disegno dei casseri di legno, dei serramenti, del doccione, ne rivela la dimensione materiale e al tempo stesso temporale.

La scuola mostra nella sua essenzialità formale e strutturale gli inizi di quella che diverrà nel tempo una costante della ricerca dell’architetto friulano, facendo di questa opera giovanile un momento di quello sperimentalismo linguistico che lo aveva fatto conoscere nel difficile ambiente dell’architettura.

Significativa al riguardo è stata la presentazione di Costantino Dardi da parte di Manfredo Tafuri, pubblicata nel 1967 sulla prestigiosa rivista Domus.

Dardi è stato profondamente partecipe del dibattito architettonico degli anni ’60 intorno alla natura delle città, rivelando un’attenzione alimentata dalle difficoltà di governarne la crescita con strumenti rivelatisi, fin dall’immediato secondo dopoguerra, del tutto inefficaci quando addirittura inapplicabili.

Ed è anche l’architetto della cosiddetta “generazione di mezzo” che si avvicina con maggiore coscienza critica ai problemi indotti dallo sviluppo capitalistico.

Perennemente in bilico tra formalismo e concettualismo, l’architettura di Dardi riflette un originale sviluppo dialettico fondato sulla compenetrazione degli opposti.

Ciò è particolarmente evidente quando la razionalità della trama geometrica si scontra con la casualità dei segni impressi sul terreno, l’astrattezza delle forme con la naturalità e la storia dei luoghi. Ma è altrettanto esplicito quando il minimalismo dei suoi modi espressivi, piuttosto che tradursi nei valori essenziali dell’architettura e in una salutare anonimia del testo, fa invece emergere l’evidenza della scrittura autoriale.

Il suo Archivio è entrato nell’Archivio Progetti dell’Università IUAV di Venezia nel 2005.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.