Espressionismo

Per la prima volta in Italia un’esposizione, curata da Magdalena Moeller e Marco Goldin e forte di oltre 100 opere tra dipinti e carte, tutte provenienti dal berlinese Brücke Museum, racconta in modo preciso, secondo una scansione cronologica ma anche procedendo per aree quasi monografiche, da Kirchner a Heckel, da Nolde a Schmidt-Rottluff, da Pechstein a Mueller, la nascita e lo sviluppo del movimento denominato “Die Brücke”, la pietra fondante dell’Espressionismo.  La mostra avrà luogo a Villa Manin dal 24 settembre 2011 al 4 marzo 2012 e si pone come terza tappa del progetto pluriennale, ideato e curato da Marco Goldin, denominato “Geografie dell’Europa”.  Con la nascita del movimento “Die Brücke” a Dresda nel 1905 si posero le basi del movimento originario dal quale in seguito discenderà quello che, nella storia dell’arte, è noto come “Espressionismo” e che costituisce il primo importante contributo di area tedesca alla modernità. Non si tratta tanto di raffigurare i diversi aspetti della realtà visibile – che costituiva il contenuto artistico dominante – quanto piuttosto di esprimere le esperienze soggettive e i sentimenti interiori dell’individuo.

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Per la prima volta in Italia un’esposizione, curata da Magdalena Moeller e Marco Goldin e forte di oltre 100 opere tra dipinti e carte, tutte provenienti dal berlinese Brücke Museum, racconta in modo preciso, secondo una scansione cronologica ma anche procedendo per aree quasi monografiche, da Kirchner a Heckel, da Nolde a Schmidt-Rottluff, da Pechstein a Mueller, la nascita e lo sviluppo del movimento denominato “Die Brücke”, la pietra fondante dell’Espressionismo.  La mostra avrà luogo a Villa Manin dal 24 settembre 2011 al 4 marzo 2012 e si pone come terza tappa del progetto pluriennale, ideato e curato da Marco Goldin, denominato “Geografie dell’Europa”.  Con la nascita del movimento “Die Brücke” a Dresda nel 1905 si posero le basi del movimento originario dal quale in seguito discenderà quello che, nella storia dell’arte, è noto come “Espressionismo” e che costituisce il primo importante contributo di area tedesca alla modernità. Non si tratta tanto di raffigurare i diversi aspetti della realtà visibile – che costituiva il contenuto artistico dominante – quanto piuttosto di esprimere le esperienze soggettive e i sentimenti interiori dell’individuo.

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Il Simbolismo in Italia

Padova, Palazzo Zabarella, via degli Zabarella 14
Ulteriori informazioni: www.studioesseci.net
Federico Bano annuncia “Il Simbolismo in Italia”. L’appuntamento, per molti versi imperdibile, è dal 1° ottobre di quest’anno al 12 febbraio del 2012, a Padova, in Palazzo Zabarella.
A realizzare questa nuova impresa la Fondazione Bano, qui ancora una volta insieme alla Fondazione Antonveneta, ha chiamato Fernando Mazzocca e Carlo Sisi con Maria Vittoria Marini Clarelli, direttore della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.  Il tema e l’ambito sono ben noti: a cavallo tra Otto e Novecento, l’inconscio irrompe nell’arte e nulla sarà più come prima. E’ la scoperta di un mondo “altro”, affascinante, intrigante, di una nuova lente che vira la percezione di ogni realtà, si tratti di un paesaggio fisico e di un moto dell’anima. E’ la storia di un movimento che si estende velocemente su scala europea ma che qui viene compitamente – ed è la prima volta – indagato nella sua fondamentale vicenda italiana. Non senza proporre confronti oltre confine e in particolare con l’ambito austriaco del Simbolismo: valgano tra tutti la Giuditta – Salomè, di Gustav Klimt o Il Peccato, celebre capolavoro di Franz von Stuck: due opere che valgono da sole la visita alla mostra.

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Il Simbolismo in Italia

Padova, Palazzo Zabarella, via degli Zabarella 14
Ulteriori informazioni: www.studioesseci.net
Federico Bano annuncia “Il Simbolismo in Italia”. L’appuntamento, per molti versi imperdibile, è dal 1° ottobre di quest’anno al 12 febbraio del 2012, a Padova, in Palazzo Zabarella.
A realizzare questa nuova impresa la Fondazione Bano, qui ancora una volta insieme alla Fondazione Antonveneta, ha chiamato Fernando Mazzocca e Carlo Sisi con Maria Vittoria Marini Clarelli, direttore della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.  Il tema e l’ambito sono ben noti: a cavallo tra Otto e Novecento, l’inconscio irrompe nell’arte e nulla sarà più come prima. E’ la scoperta di un mondo “altro”, affascinante, intrigante, di una nuova lente che vira la percezione di ogni realtà, si tratti di un paesaggio fisico e di un moto dell’anima. E’ la storia di un movimento che si estende velocemente su scala europea ma che qui viene compitamente – ed è la prima volta – indagato nella sua fondamentale vicenda italiana. Non senza proporre confronti oltre confine e in particolare con l’ambito austriaco del Simbolismo: valgano tra tutti la Giuditta – Salomè, di Gustav Klimt o Il Peccato, celebre capolavoro di Franz von Stuck: due opere che valgono da sole la visita alla mostra.

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Ugo Attardi. L’erede selvaggio (opere 1944-2001)

Mostra a cura di Sergio Troisi
“L’erede selvaggio” è il titolo del romanzo con cui Ugo Attardi, finalista allo Strega, vinse nel 1971 il Premio Viareggio. Quel titolo diventa sottotitolo della grande retrospettiva che l’Ente Mostra di Pittura “Città di Marsala”, in collaborazione con l’Archivio Ugo Attardi, propone all’ex Convento del Carmine di Marsala dal 15 ottobre 2011 al 15 gennaio 2012.Curata da Sergio Troisi, si tratta della prima retrospettiva che prende in considerazione tutti gli ambiti della produzione artistica di Attardi: pittura, scultura, grafica e, naturalmente, letteratura e giornalismo. “L’erede selvaggio” racconta dell’infanzia e della formazione siciliana dell’artista, nato in Liguria. Il peso di questa “sicilianità”, intesa come eredità, stimolo culturale e impegno sociale, si avverte in tutta la produzione di Attardi, intellettuale e fine artista, che sa attraversare un secolo complesso dell’arte italiana ed europea secondo un proprio originale percorso.

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Ugo Attardi. L’erede selvaggio (opere 1944-2001)

Mostra a cura di Sergio Troisi
“L’erede selvaggio” è il titolo del romanzo con cui Ugo Attardi, finalista allo Strega, vinse nel 1971 il Premio Viareggio. Quel titolo diventa sottotitolo della grande retrospettiva che l’Ente Mostra di Pittura “Città di Marsala”, in collaborazione con l’Archivio Ugo Attardi, propone all’ex Convento del Carmine di Marsala dal 15 ottobre 2011 al 15 gennaio 2012.Curata da Sergio Troisi, si tratta della prima retrospettiva che prende in considerazione tutti gli ambiti della produzione artistica di Attardi: pittura, scultura, grafica e, naturalmente, letteratura e giornalismo. “L’erede selvaggio” racconta dell’infanzia e della formazione siciliana dell’artista, nato in Liguria. Il peso di questa “sicilianità”, intesa come eredità, stimolo culturale e impegno sociale, si avverte in tutta la produzione di Attardi, intellettuale e fine artista, che sa attraversare un secolo complesso dell’arte italiana ed europea secondo un proprio originale percorso.

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La sensualità e l’incanto degli Orientalisti al Chiostro del Bramante

Il Chiostro del Bramante è lieto di presentare una mostra di grande attualità ” Gli Orientalisti. Incanti e scoperte nella pittura dell’Ottocento italiano”, a cura di Emanuela Angiuli e Anna Villari, una accurata selezione di circa una ottantina di opere, che raccontano l’Oriente nella pittura dell’Ottocento italiano.
Gli echi della spedizione di Napoleone in Egitto, i resoconti di esploratori, faccendieri e ardimentosi avevano infiammato la fantasia del Vecchio Continente. Le cronache di piaceri proibiti, odalische, harem, hammam avevano fatto il resto. Poi c’era la voglia di saperne di più, di scoprire e capire terre geograficamente non tra le più lontane, eppure distanti per cultura, storia, atmosfere. Una malia che stregò molti artisti, alimentata da committenti altrettanto presi dal fascino di un Oriente vicino e, allo stesso tempo, lontanissimo.

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La sensualità e l’incanto degli Orientalisti al Chiostro del Bramante

Il Chiostro del Bramante è lieto di presentare una mostra di grande attualità ” Gli Orientalisti. Incanti e scoperte nella pittura dell’Ottocento italiano”, a cura di Emanuela Angiuli e Anna Villari, una accurata selezione di circa una ottantina di opere, che raccontano l’Oriente nella pittura dell’Ottocento italiano.
Gli echi della spedizione di Napoleone in Egitto, i resoconti di esploratori, faccendieri e ardimentosi avevano infiammato la fantasia del Vecchio Continente. Le cronache di piaceri proibiti, odalische, harem, hammam avevano fatto il resto. Poi c’era la voglia di saperne di più, di scoprire e capire terre geograficamente non tra le più lontane, eppure distanti per cultura, storia, atmosfere. Una malia che stregò molti artisti, alimentata da committenti altrettanto presi dal fascino di un Oriente vicino e, allo stesso tempo, lontanissimo.

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Il Settecento a Verona. Tiepolo, Cignaroli, Rotari

Ulteriori informazioni ed immagini: www.studioesseci.net
Il Comune di Verona, con l’Assessorato alla Cultura e il Museo di Castelvecchio, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, presenta la mostra “Il Settecento a Verona. Tiepolo, Cignaroli, Rotari. La nobiltà della pittura”, una grande rassegna espositiva che vuole approfondire un momento della civiltà pittorica scaligera finora mai indagato.
La mostra, curata da Fabrizio Magani, Paola Marini e Andrea Tomezzoli, è incentrata sulle peculiarità che la cultura e la tradizione pittorica assunsero nel Settecento a Verona, città che riuscì a mantenere sempre autonomia e originalità rispetto alle correnti dominanti nella vicina Venezia. Con 150 capolavori tra dipinti, disegni, stampe e documenti, provenienti da importanti musei stranieri come l’Ermitage di Pietroburgo, il Prado di Madrid, il Victoria and Albert di Londra, la Gemäldegalerie di Dresda, il Kunsthistorisches di Vienna, lo Szépmuvészeti di Budapest, oltre che dai principali musei italiani, la mostra porta Tiepolo e i suoi contemporanei alla Gran Guardia.

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Il Settecento a Verona. Tiepolo, Cignaroli, Rotari

Ulteriori informazioni ed immagini: www.studioesseci.net
Il Comune di Verona, con l’Assessorato alla Cultura e il Museo di Castelvecchio, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, presenta la mostra “Il Settecento a Verona. Tiepolo, Cignaroli, Rotari. La nobiltà della pittura”, una grande rassegna espositiva che vuole approfondire un momento della civiltà pittorica scaligera finora mai indagato.
La mostra, curata da Fabrizio Magani, Paola Marini e Andrea Tomezzoli, è incentrata sulle peculiarità che la cultura e la tradizione pittorica assunsero nel Settecento a Verona, città che riuscì a mantenere sempre autonomia e originalità rispetto alle correnti dominanti nella vicina Venezia. Con 150 capolavori tra dipinti, disegni, stampe e documenti, provenienti da importanti musei stranieri come l’Ermitage di Pietroburgo, il Prado di Madrid, il Victoria and Albert di Londra, la Gemäldegalerie di Dresda, il Kunsthistorisches di Vienna, lo Szépmuvészeti di Budapest, oltre che dai principali musei italiani, la mostra porta Tiepolo e i suoi contemporanei alla Gran Guardia.

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In confidenza col sacro

“In confidenza col sacro” racconta della tradizione, antichissima e ormai desueta o residuale, di vestire le statue, soffermandosi in particolare nelle vallate al centro dell’arco alpino tra l’Alta Lombardia e la Svizzera meridionale, con uno sguardo aperto ai territori limitrofi, lombardi e non solo. La mostra, promossa dalla Fondazione – Centro Studi “Nicolò Rusca”, dal Gruppo Credito Valtellinese e dal MVSA – Museo Valtellinese di Storia e Arte, e curata da Francesca Bormetti, è allestita a Sondrio, in Valtellina, dal 10 dicembre 2011 al 26 febbraio 2012 nella doppia sede espositiva Galleria Credito Valtellinese e del MVSA.Le statue vestite, in stragrande maggioranza simulacri della Madonna, avevano il corpo (in molti casi un semplice “torsolo”) in legno o in altri materiali “poveri”, i volti modellati in modo naturalistico e gli arti generalmente snodabili. Vestite con biancheria intima, corpetti e preziosi abiti, gioielli e corone, si trasformavano in un suntuoso simbolo sacro e costituivano un patrimonio di fede, prima ancora che d’arte, amato in tutto il mondo cattolico, dall’Europa all’America Latina. Portate in processione, ospitate sugli altari, venerate dalle confraternite, testimoniavano di un Sacro familiare e “indigeno”: simile e prossimo ai suoi fedeli.

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In confidenza col sacro

“In confidenza col sacro” racconta della tradizione, antichissima e ormai desueta o residuale, di vestire le statue, soffermandosi in particolare nelle vallate al centro dell’arco alpino tra l’Alta Lombardia e la Svizzera meridionale, con uno sguardo aperto ai territori limitrofi, lombardi e non solo. La mostra, promossa dalla Fondazione – Centro Studi “Nicolò Rusca”, dal Gruppo Credito Valtellinese e dal MVSA – Museo Valtellinese di Storia e Arte, e curata da Francesca Bormetti, è allestita a Sondrio, in Valtellina, dal 10 dicembre 2011 al 26 febbraio 2012 nella doppia sede espositiva Galleria Credito Valtellinese e del MVSA.Le statue vestite, in stragrande maggioranza simulacri della Madonna, avevano il corpo (in molti casi un semplice “torsolo”) in legno o in altri materiali “poveri”, i volti modellati in modo naturalistico e gli arti generalmente snodabili. Vestite con biancheria intima, corpetti e preziosi abiti, gioielli e corone, si trasformavano in un suntuoso simbolo sacro e costituivano un patrimonio di fede, prima ancora che d’arte, amato in tutto il mondo cattolico, dall’Europa all’America Latina. Portate in processione, ospitate sugli altari, venerate dalle confraternite, testimoniavano di un Sacro familiare e “indigeno”: simile e prossimo ai suoi fedeli.

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